NEVER SAY ITALY AGAIN

Wednesday, August 09, 2006

Ah, le delizie del fine inverno toscano... oggi c'è un bel sole alternato a scrosci di grandine e io sono completamente assolutamente annoiato alla nausea dal registrare fatture e fare cartelle stampa per la prossima edizione del Vintage a Palazzo Corsini; ho represso il mio senso critico da ormai così tanto che sono caduto nell'abulia totale. Mi rifiuto persino di farmi prendere dal panico, cosa che sarebbe anche legittima dato l'approssimarsi inesorabile del giorno fatidico.
Mi manca Londra, da morire, oggi. Perché oggi è uno di quei giorni che staresti ore alla finestra a vedere la gente passare per strada che cerca di ripararsi con l’ombrello e le macchine in fila che aspettano ferme al semaforo. Ti accorgi che è un bel po’ che stai alla finestra solo quando il tuo alito caldo ha creato una barriera sulla finestra tra te e il mondo reale al di là del vetro.
Claudia? Anna? Riuscite a sentirmi? Che fine hanno fatto le colazioni al Cafè Flo a Islington Green? Cosa rimane delle corse fatte per prendere il vecchio 19? Mi manca Londra, oggi… più che mai. Mi ritrovo a Firenze in pianta stabile come molti anni fa. E i dubbi son gli stessi: restare o partire?
Ho una resistenza psicologica, un muro direi, a confrontarmi di nuovo con questa prova nello stesso luogo. La cosa positiva è che Firenze tutto sommato per ora mi calza come un guanto: sono finalmente libero di ignorare la gente per strada. D'accordo, la mobilità mi pone ancora alcuni problemi, guidare sui viali mi dà lo sconcerto e i parcheggi mi vedono ancora super-imbranato, ma l'Ataf per ora compensa. Ogni tanto penso a Londra come ad un posto che conosco e che riaffiora, e ogni tanto mi appare persino, erroneamente lo so, come il destino di qualunque altra città. Ho lasciato qualcosa che mi pareva estraneo per tornare a qualcosa che nel frattempo fa del suo meglio per assomigliare a quello che ho lasciato. Si fa per dire, lo so... Mi fermo, esco. Esco a comprarmi il pranzo all’Esselunga. Troppi pensieri tutti insieme, troppi ricordi… Mi si inumidiscono gli occhi, e non voglio piangere. Decido per una pausa, Esselunga mon amour...
Eccomi tornato dal Supermercato con la S allungata… Schiacciata ripiena con prosciutto… Anche se vorrei poter scrivere: “Ingollando tuna nigiri comprato da Waitrose, mi accingo ad assolvere il mio dovere quotidiano di scrittore. Oggi e' una bella giornata, se uno ama i toni di grigio: nebbia sul fiume guardando verso est da Albert Bridge, marciapiedi viscidi, cielo color alluminio, su King's Road un traffico inverosimile, l'inverno si stampa sulle facce tirate della gente.”
Ma adesso non mi trovo a Londra e via Lambruschini non ha niente a che fare con King’s Rd. E di cose da fare ne ho. Dovrei smettere di di pensare, lo so e intristirmi con i ricordi di londra… La capitalizzazione del tempo esige che uno faccia sempre qualcosa: se sei a letto dormi che ne hai bisogno, se non lavori dedicati a qualcosa di interessante che hai bisogno di distrazioni. La verita' e' che alla fine ne voglio fare troppe e divento scemo. Ho bisogno di mille cose ma soprattutto di una vacanza per accorgermi del fatto che in realta' ho bisogno di poche cose (if it makes any sense to you).

Mi viene in mente quella canzone dei Talking Heads (Cities) che fa:
"Think of London, a small city,
Dark, dark in the daytime,
people sleep, sleep in the daytime..."
Ecco adesso è buio. 5 minuti fa c’era il sole… E' un buio, ma un buio…

Drab, dreary places. Il sole d'inverno.
Gli eventi seguono il loro corso, come dappertutto. Gente che arriva da altre parti, gente che parte. Buildings whose roofs have fallen in.
A volte ho dei flash di com'era prima che partissi, gli anni '80 e '90. Non e' cambiato poi tanto, c'e' solo una patina di incuria o a volte di una novita' anodina e irrisolta. Io sono cambiato, piu' di quanto io stesso voglia o trovi confortevole ammettere. Non reagisco piu' allo stesso modo agli stessi eventi, non mi fido, mi irrigidisco d'ufficio in previsione di un rifiuto, di una chiusura. Il riflesso su una finestra, presagisco l'odore del mare. Salotto polveroso, affondato nel terreno, tappeti sul rosso, televisione accesa trasmette telefilm: california anni '70. Qualcuno decide di uscire, tornera' solo molto piu' tardi. L'odore del giardino incolto filtra dalla porta-finestra sul retro. I poster di forza italia ovunque, slogan senza senso, un paio di calzini stesi fuori dal 1994. Infissi alluminio, tende a fasce verticali orientabili in tessuto plastificato ecru con catenella. Drifting, always drifting...

Fatto! Quello che si doveva fare (parlare con la nonna, mandare un fax, fare gli auguri a mia sorella, messenger con Benedetta, ennesimo tentativo di chiamare la Lollo, ma lei il cellulare non lo sente! Ricevuto la mail dalla Zia Sara, spedito un altro centinaio di Curricula su internet…).

Mi fermo. Mi accendo una sigaretta.
Silenzio.
Silenzio.
Ma cambierà questo paese? Succederà qualcosa? Da qui difficile dire. Si sa quello che non va ma il tappo è troppo incancrenito, è tutt'uno col collo della bottiglia. La gente non ha le idee chiare, la verità è una questione di opinione e orientamento politico e tutti pagano il privilegio di abitare nel bel paese a caro prezzo, abbastanza tagliati fuori dal resto dell'Europa.
Come si fa a far finta di niente e avanzare commenti educati a margine quando le proprie opinioni sono non diverse, ma diametralmente opposte da quelle dominanti/che informano lo sviluppo del paese? Anche solo ad esprimere un'opinione (cosa che in regime democratico dovrebbe essere non solo tollerata ma incoraggiata) si passa per estremisti. Alla fine uno si ritira nel mondo delle idee platoniche o nella televisione via satellite.
Adesso ho finito quello che mi ero proposto di fare tornando in Italia. Laurea: missione compiuta. Stage di specializzazione: missione compiuta. Lavoretto indipendente normo pagato per questi tempi: trovato.

Adesso?
Sarebbe opportuno capire cosa voglio.

Ahimè Anna (perché è a te che fondamentalmente parlo), ribadisco il concetto che a Firenze poco c'è e poco rimane. O se non altro, non c'è tutto quello che ci raccontano.
La realtà italiana è per forza di cose frammentaria e sparpagliata, ci sono cose in tutte le città grandi e piccole, ma sono cose sparse...
Il sublime ed esclusivo (nonchè assolutamente non pubblicizzato... forse avevano paura di diventare troppo mainstream ad affiggere manifesti per la città?) festival di Sanremo non mi apre nuovi orizzonti, e inoltre rivendico il mio diritto inalienabile alla facoltà di sorprendermi. Se si parla di interventi nel tessuto urbano, voglio imbattermi nelle cose vivendo la città da cittadino preso da altre cose ed altri pensieri, piuttosto che come da cacciatore coatto di luoghi cool (urgh...) Sennò che gusto c'è?
Mi irritano i progetti di comunicazione studiatamente criptici e la supponenza iniziatica con cui ti viene detto "ma come, non lo sai?" Ovviamente tutto ciò fa anche molto eterno studente, e in fondo non mi meraviglia dato che in tema di realtà culturali contemporanee nell'architettura & design oltre la grande ipertrofica università a Firenze non c'è molto altro... (sono pronto a ricredermi ma anche piuttosto diffidente)
In un flash rivivo il senso di insofferenza che avevo per il modo in cui i designers "alternativi" si manifestano in questa città: in pratica, si raccontano le barzellette fra loro e se le ridono, si fanno le scarpe a vicenda, un circoletto di snob da salotto che pensano di fare chissà che cosa, in nome di una rilevanza culturale che a volte c'è, grazie alla poesia di alcuni, a volte no.
Ma a me, lo ripeto, sta bene così, almeno per ora: le mie relazioni e scambi con i miei concittadini si svolgono su binari semplici e immediati: non presuppongo nulla e nulla mi aspetto, come da una conversazione fortuita su un autobus.
Ho passato troppo tempo nel beato sentirmi nessuno della metropoli tentacolare contando solo sulle mie forze e sul mio buonsenso per tornare adesso ad abbandonarmi all'autoindulgenza.

E' gia' domani? Possibile? Ero convinto che fosse sempre oggi. Smile!
Ho fatto una rilettura delle ultime righe. Mi perdo, mi sfugge il senso, la mia stessa voce ogni tanto mi elude. Pubblico scritte colorate piene di nonsense. Detto cio', non e' poi cosi' male. Mi domando se e' solo un diario pubblico o un message in a bottle, la ricerca di un dialogo.
La scusa che mi sono coscientemente dato dall'inizio era quella di scrivere in italiano, lingua adorabile che desidero coltivare e mantenere priva di ruggine e scricchiolii, anche se i forestierismi si insinuano in ogni indecisione. In realta' ci sono vari altri motivi.
Fra cui, in ordine sparso:
-Vanita' ben temperata con scivolate occasionali piu' o meno coperte;
-voglia di comunicare a chi e' altrove come e' vivere in una metropoli che e' nota come posto dove succedono cose, si creano miti e si vedono cose che altrove non si vedono. Smontare i miti e crearne di nuovi, ancora piu' incircostanziati e senza mass-appeal, sventolare dalla finestra del n.10 le mutande sporche del Paese dei Balocchi Nevrotici. La fata turchina e' la nuova droga che sintetizzano dai residui dell'Ariel.
-Descrivere a me stesso la mia vita nel tentativo di renderla migliore/piu' sopportabile. Questo e' esercizio utile anche a me stesso perche' spesso non so perche' sono qui. Nemo profeta in patria e ognuno e' uno sconosciuto a se stesso finche' non si conosce.
-Arrivare a descrivere situazioni che si materializzano al di la' del linguaggio, fabbricare campioni narrativi che poi si possono riutilizzare come colori-base da poter mescolare e ricombinare. Santo William Burroughs aiutami tu.
-Apoteosi della quotidianita', cielo in una stanza; diventare Gino Paoli e Mina (o Juliette Greco e Prevert, o Lotte Lenya e Kurt Weill) fusi in una persona unica e ascendere in paradiso senza doversi smerdare con una morte qualsiasi. (e' tutto grasso che cola).
Vedremo quello che si potra' fare.

Cose che mi mancano di Londra (in ordine sparso):
Il Guardian e i suoi supplementi;
Le discussioni senza morali preordinate;
La fiducia nell'azienda;
La busta paga a fine mese;
il cinema a Islington
La forma fisica, la palestra e la tuna salad.
Ok, una religione di Stato c'e' sempre ma ha una presenza molto discreta.
Alcune strade in cui passavo e mi sentivo al sicuro anche se non mi sarei mai potuto permettere di abitarvi;
La disciplina che mi imponevo con misura e senza sforzo;
La sensazione che la contemporaneita' esiste e non e' una cosa che si trasmette in televisione o succede a qualcun altro da qualche altra parte
La garanzia indiscussa che i politici sono responsabili in prima persona delle proprie azioni come tutti gli altri e sono capaci di dimettersi se necessario
Pensare in Inglese
Risolvere le cose banali per telefono o via email
L’orrenda gallina e i brunch in salotto la domenica mattina
L’Anna (ebbene si)
Dividere il letto con Claudia (in ogni e dico ogni situazione)
Robbie Williams
London Film Festival
Soho
La Tate
Le passeggiate nel parco
R.E.M.
La consapevolezza di stare bene ma che tutto, prima o poi, sarebbe finito.

Cose di cui non potevo piu' fare a meno (in ordine sparso):
Il calore e l'ospitalita' naturale e spontanea delle persone;
Il colore e la profondita' del cielo
La certezza che all'inverno segue l'estate
I carciofi, la bietola, i gobbi, la frutta che ha sapore non di acqua sporca;
Girare per la strada senza troppa fretta se si vuole, e senza paura.
Avere caldo.
Parlare con gente che sa come si fanno le cose e ama spiegartelo
La salute
I miei amici “italiani”.
Qualcosa che non si paga e non occorre comprare
Le donne che si sanno vestire muovere e hanno personalita' anche da non ubriache
Parlare in italiano
Stare in un posto senza pensare gia' a quando te ne devi andare
La mamma (ebbene si)
Vorrei essere piu' leggero sulla superficie del pianeta, spostarmi con meno esitazione e titubanza.
Non so se sono solo io, e' possibile che noi italiani siamo piu' attaccati alla terra? Adesso mi viene in mente Londra, domani… Chissà?
Mi scopro mio malgrado attaccato a quest'isola dal clima instabile e dalla gente emotivamente menomata.
Forse ho bisogno di una base, di un nido... e quando sono a giro per il mondo, se penso al concetto di "tornare a casa", ormai mi ritrovo a pensare a Angel non a Roma o Firenze, che pure sono posti il cui stile di vita mi e' assai piu' congeniale e che mi hanno formato e in cui ho vissuto piu' a lungo.
Pericoloso, nevvero?
Saranno i 30, all'inizio ero entusiasta del senso di liberta' e dell'apparente indipendenza, adesso comincio a notare questa fastidiosa inamovibilita' biologica sotto l'apparente superficie sbarazzina, questo noioso desiderio di radici, e soprattutto una pigrizia cosmica fisica e mentale che mi travolge e mi guida dolcemente verso la via di minimo attrito, cosa che mi sara' utile fra alcuni minuti in piscina, forse.




Guardo una foto dell’anno scorso: London concerto dei R.E.M… Con Marco, Anna, Claudia e gli altri nel parco ad ascoltare il concerto… Dio, sembra gia' una vita fa, quasi memorie di un'altra persona, memorie di un io parallelo esistito in un altra dimensione. Eppure mi ricordo esattamente lo stato d'animo che avevo mentre scattavo la foto, in effetti lo stato d'animo che mi ha spinto a scattare una foto inutile come questa. Era sollievo, e un nuovo futuro che mi si apriva davanti, non il tunnel della carriera che mi prospettava la vita di studio, nello studio di qualcun altro. Adesso, in questo preciso momento, ne so meno di allora, meno che mai.
Il ruolo del caso e/o fortuna in tutto questo e', per la mia inclinazione, fondamentale. Il talento che da sempre risolve le cose a tutti, e' quello di saper cavalcare la tigre e alchemicamente trasformare la sfiga in circostanza positiva e fondante.
Una delle mie citazioni preferite rimane comunque quella di Santa Teresa D'Avila, suggeritami da Truman Capote nel suo Preghiere Esaudite:
"Talvolta si spargono piu' lacrime per le preghiere esaudite che per quelle inesaudite".
Amen